11 gennaio 2024
Il tempo in cui viviamo viene definito in molti modi: si parla di epoca del digitale, del terrore, delle migrazioni ma senza che quasi nessuno se ne accorgesse, da anni, è iniziata anche l’era del glifosato.
Lanciato sul mercato statunitense nel 1974 dalla Monsanto [1] con il nome Roundup, è oggi uno degli strumenti più importanti dell’agricoltura convenzionale in grado di sterminare praticamente tutti i tipi di malerba, in ogni angolo del pianeta. Da quando esistono infatti le piante geneticamente modificate resistenti al glifosato, questo diserbante può essere usato anche dopo la semina quando inizialmente era impiegato soprattutto prima per liberare i campi dalle erbacce.
Da qualche tempo, però, ci sono anche indizi, voci e segnali sul fatto che il glifosato sia dannoso anche per gli animali, gli esseri umani e la biodiversità in genere e dallì è partita la battaglia ideologica. Per gli studi condotti sul composto "puro", la prestigiosa rivista Lancet Oncology [2] ha concluso che "le prove che l’erbicida causi il cancro negli animali sono sufficienti", mentre sono "forti quelle riguardanti la genotossicità" del prodotto. Finora l’esposizione ai pesticidi era risultata correlata a un aumento dei casi di leucemie infantili e malattie neurodegenerative di cui il Parkinson in testa.
Ma quindi il glifosato uccide (come dicono gli ambientalisti) oppure il glifosato incrementa i raccolti agricoli e garantisce l’alimentazione a livello globale (come dicono i rappresentanti degli agricoltori)?
In questa battaglia tra agricoltura biologica e convenzionale sono entrati anche numerose autorità al fine di aiutare le persone a distinguere tra verità e propaganda: la prima, in ordine di tempo è stata la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) che è arrivata alla conclusione che il glifosato è “probabilmente cancerogeno” ma poco dopo, l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha dichiarato che il glifosato è “probabilmente non cancerogeno”. Probabilmente cancerogeno. Probabilmente non cancerogeno. Un conflitto tra ecologisti e lobbisti dell’industria agraria si è quindi trasformato in uno scontro tra scienziati e nel mezzo si trovano politici e consumatori.
Il dilemma è sentito ovunque ed anche in Europa, dove il settore agricolo contribuisce al 10% delle emissioni di gas serra. Una misura per diminuirle, è stata identificata con la proposta di limitare l'uso di pesticidi. La produzione di tali prodotti chimici è di fatti ad alta intensità energetica e richiede combustibili fossili, oltre che ad avere effetti devastanti sui fragili ecosistemi naturali. E cosa succede in Italia, paese che fa dell’agricoltura green il suo baluardo? Resta il divieto di uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche l’utilizzo nei campi per accelerare la maturazione e la raccolta. Eppure, in Lombardia, secondo un report di Legambiente “la presenza del glifosato e del suo metabolita, l’acido aminometilfosfonico, è ampiamente confermata. In Lombardia, dove la sostanza è presente nel 31,8% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, mentre il metabolita nel 56,6%. L’erbicida è dunque largamente impiegato e se fosse monitorato ovunque allo stesso modo l’aumento dei casi di non conformità sarebbe molto probabile.
In Trentino, dove il settore agricolo è importante e si trova la più alta produzione nazionale di mele, il dilemma sull’uso del glifosato è molto sentito. Oltre all’uso, il problema è anche l’abuso: la Coldiretti Trentino lavora da tempo affinché il glifosato possa essere sparso su un’area che non vada al di là dei 20-30 centimetri di distanza da frutteti o vigneti. Questa visione va in netto contrasto con le pratiche consentite in altri paesi come Canada e Turchia dove il glifosato può essere sparso, direttamente sopra vaste coltivazioni, mediante l’utilizzo di aeroplani. E “Il problema nasce quando alcuni marchi di pasta italiani, preferiscono comprare il grano proveniente da coltivazioni di questo tipo, perché contiene una percentuale di proteine maggiore”. Percentuali “drogate” ottenute proprio con l’utilizzo di questa tecnica vietata in Italia. Sicuramente la situazione “glifosato” è ancora in evoluzione: numerosi stimoli si presentano all’orizzonte non da ultimo la necessità di sfamare dieci miliardi di persone che sembra essere una necessità non raggiungibile senza l’impiego del glifosato.
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Bibliografia:
[1] Seneff S., 2021- Toxic legacy. How the weedkiller Glyphosate is destroying our health and the environment. Chelsea Green Publishing. 272 pp.
[2] Guyton KZ, Loomis D, Grosse Y, El Ghissassi F, Benbrahim-Tallaa L, Guha N, Scoccianti C, Mattock H, Straif K; International Agency for Research on Cancer Monograph Working Group, IARC, Lyon, France. Carcinogenicity of tetrachlorvinphos, parathion, malathion, diazinon, and glyphosate. Lancet Oncol. 2015 May;16(5):490-1. doi: 10.1016/S1470-2045(15)70134-8. Epub 2015 Mar 20. PMID: 25801782
[3] Legambiente Lombardia, 2023. Dossier Glifosato. https://www.legambientelombardia.it/wp-content/uploads/2023/05/dossier-glifosate_FDP_upload.pdf