27 ottobre 2023
I nostri vecchi sapevano bene come gestire le risorse di madre natura nel contesto montano e vallivo delle nostre Alpi, anche in risposta ad eventi climatici oggi considerati estremi, quali siccità e inondazioni. La storica gestione delle risorse idriche sulle montagne ha permesso prevenzione e sicurezza idrogeologica [1]. Tutto bello e funzionale. Sì, fino a che non scendiamo dai monti per trasferirci in città.
La gestione idrica nel contesto urbano ha da sempre preoccupato autorità e cittadini molto più di quanto non sia avvenuto per le zone rurali, o perlomeno in termini differenti. Basti pensare all’avvento dei sistemi di fognatura (per acque pulite e reflue), ai sistemi di accumulo idrico, di drenaggio delle acque meteoriche e di tutto quanto contribuisca tecnicamente alla gestione dell’elemento acqua. E così, come avviene in montagna, anche in città l’acqua va gestita in modo da averne disponibile nei momenti di necessità e in modo che non provochi danni quando ce n’è troppa.
I fattori limitanti in città sono però, a differenza della montagna, legati primariamente all’impermeabilizzazione dei terreni, che, in quanto tali, non permettono più l’assorbimento in suolo dell’acqua. E se già in un terreno montano privo di vegetazione l’assorbimento e l’infiltrazione in suolo delle precipitazioni è ridotto causa mancanza di alberi, immaginatevi cosa può succedere se esso è ricoperto di cemento.
Al fine di evitare tale drastica impermeabilizzazione e, dunque, un aumentato rischio di scorrimento superficiale dell’acqua con tutte le conseguenze del caso, in termini ingegneristici e progettuali, per opere connesse all’impermeabilizzazione del terreno è obbligo garantire la cosiddetta “invarianza idraulica” [2] ossia il principio secondo il quale la capacità di drenaggio di un’area deve mantenersi inalterato in seguito a modifiche di uso del suolo. In soldoni: se piove, l’acqua che cade deve essere smaltita (naturalmente o artificialmente) alla pari che via sia un bosco o un parcheggio.
Tutto ciò si traduce in una serie di accorgimenti tecnico-progettuali di interesse per le nostre aree urbane, volte a garantire non solo la sicurezza contro gli eventi di pioggia estremi ma anche dei vantaggi tanto per le amministrazioni pubbliche che per i cittadini.
Fig. 1: Costruzione di un rain-garden a Portland. Autore: Pete Wright. Copyright: Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-NC-SA 3.0)
Ne sono un esempio pratico i cosiddetti “rain-gardens”, nelle loro varie forme [3]. Questi giardini sono progettati per assorbire sia in tempo di magra che di piena una quota importante delle precipitazioni, prevenendo il loro ingresso nel sistema fognario (spesso sottodimensionato per le precipitazioni rapide e intense degli ultimi anni) e prevenendone così il collasso.
La particolare stratificazione dei giardini (sabbia, compost, terreno), infatti, cui si aggiungono le piante presenti adatte a terreni periodicamente inondati o umidi, favorisce l’infiltrazione e, al contempo, garantisce la fitodepurazione, al fine del rilascio dell’acqua direttamente in terreno o, gradualmente, al sistema fognario.
Inoltre, si consideri come tali giardini possano realizzarsi sia per ampie superfici, a funzioni di veri e propri bacini di accumulo, sia per superfici minime di contorno alle infrastrutture urbane quali parcheggi, aree di sosta piazzali. La sostituzione di una classica aiuola spartitraffico in cemento o ancorché con presenza di arbustive, con un piccolo giardino drenante può assicurare il drenaggio per la maggior parte degli eventi di pioggia di intensità non eccessiva per l’area circostante.
Tutto ciò, inoltre, va fortemente a favore delle amministrazioni comunali, sempre in bilico tra necessità manutentive e budget limitati. La presenza di elementi arbustivi ed erbacei a bassa manutenzione, come quelli presenti nei rain-gardens, assicura economicità e funzionalità.
Allo stesso modo, un’oculata progettazione del nuovo verde urbano, deve concentrarsi su elementi vegetali autoctoni che sappiano realmente essere multifunzionali e resilienti nei confronti degli altalenanti effetti del clima. Ciò si traduce in: piantumazione di alberi in grado di resistere alla siccità e temperature massime elevate ma che al contempo tollerino sporadiche ma intense precipitazioni; sostituzione dei tappeti erbosi e delle scarpate stradali inverdite con superfici piantumate ad arbustive a bassa manutenzione e resistenti; inverdimenti di ogni altro spazio che risulti idoneo. Insomma, la multifunzionalità verde a servizio dei cittadini.
Questo articolo è stato realizzato nell'ambito del progetto "PILLOLE D'ACQUA PIANA: seminari itineranti, blog e podcast per una gestione sostenibile delle risorse idriche in Piana Rotaliana", attuato dall'associazione ECONTROVERTIA APS e sostenuto dalla Fondazione Caritro (Prot. n. U445.2023/SG.386 del 23 aprile 2023).
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Bibliografia:
[1] M. Gecchelin, “Blue Water, Clear Water… Mountain Water,” GreenMarked Blog, 05/10/2023. https://greenmarked.it/blue-water-clear-water-mountain-water/
[2] REGIONE DEL VENETO, “L. 3 agosto 1998, n. 267 – Nuove indicazioni per la formazione degli strumenti urbanistici. Modifica delle delibere n. 1322/2006 e n. 1841/2007 in attuazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 304 del 3 aprile 2009,” BUR, 03/11/2009.
[3] J. Bąk and M. Barjenbruch, “Benefits, Inconveniences, and Facilities of the Application of Rain Gardens in Urban Spaces from the Perspective of Climate Change—A Review,” Water, vol. 14.7, p. 1153, 2022.
Immagine copertina e di anteprima: Tecniche di ingegneria verde possono prevenire collassi del sistema fognario e attuare la fitodepurazione. Foto di Kyle Glenn su Unsplash.