16 febbraio 2022
L’importanza e la bellezza dei prati montani risiedono proprio nella loro alta naturalità, nell’essere perfettamente inseriti all’interno di un contesto di alto pregio, sia dal punto di vista naturalistico-ecologico che culturale. Le pratiche agricole tradizionali, infatti, hanno, nel corso dei secoli, modellato questi territori, creando habitat ideali per la vita di numerose specie animali e vegetali. Ed ecco che ritorna la componente umana. Perché proprio come l’uomo ha saputo modellare a suo favore e a favore di natura questi ambienti, così esso ha saputo distruggerli. L’affermarsi di un’agricoltura intensiva a partire dalla seconda metà del XX secolo, l’abbandono di molteplici superfici agricole svantaggiate e l’urbanizzazione, hanno favorito la perdita di tali habitat e la conseguente perdita degli organismi ad essi associati. Tuttavia, se il fenomeno risulta pressante e preoccupante per gli ambienti di pianura, tanto da risultare in una quasi completa scomparsa di siti caratterizzati da una vegetazione ad elevata naturalità, perlomeno per le zone collinari e montane non tutto ancora è perduto [1].
In particolare per il Trentino, elemento di fondamentale importanza negli ultimi decenni è risultato il mantenimento di un fiorente settore zootecnico, condizione primaria per la conservazione dei suddetti prati. E ancora, il mantenimento delle superfici prative è stato di lunga favorito, anche grazie ad ingenti finanziamenti pubblici conferiti tanto dalla Provincia quanto dall’Unione Europea [2].
In tal senso, una precisazione è d’obbligo sui termini. I prati sono tecnicamente distinti in (1) prati naturali: formatesi naturalmente e composti da specie autoctone; (2) prati semi-naturali: creati artificialmente con specie autoctone e (3) prati artificiali: creati artificialmente con varietà geneticamente selezionate.
Laddove la necessità di rinaturalizzazione spinge a cercare un modo per riportare alla luce questi ambenti prativi, la creazione di prati semi-naturali risulta spesso un’ottima opzione. Restano pur auspicabili una loro preservazione e tutela prima di ricorrere ai metodi di restauro.
Figura 1: La salvaguardia e la tutela delle cenosi prative montane risultano di fondamentale importanza a fine di preservazione delle caratteristiche paesaggistiche, agricole e culturali del territorio. (Autore. Monte Pasubio, loc. Giazzera (TN), 05 luglio 2020).
Il restauro ecologico di tali cenosi risulta particolarmente studiato per le zone alpine e, almeno in Trentino, anche attuato ormai su ampia scala [3]. Il processo avviene in tre fasi: (1) la scelta del sito donatore; (2) la raccolta e la preparazione del seme o del materiale di propagazione in forme diverse (erba verde, fieno, fiorume da spazzolatrice o da mietitrebbia); (3) la distribuzione del materiale presso il sito recettore; (4) il controllo a posteriori circa il successo o l’insuccesso del procedimento (Tabella 1).
La scelta del sito donatore deve necessariamente prendere in considerazione gli aspetti legati alla provenienza locale del seme, alla sua composizione floristica e alla sua fertilità nonché disponibilità di seme. Questa necessità si fa particolarmente importante allo scopo di favorire un’evoluzione sostenibile della vegetazione. Soprattutto laddove gli ambenti risultano difficili dal punto di vista pedologico e climatico e dove dunque specie non native faticano ad insediarsi, la scelta di ecotipi nativi locali risulta l’unica soluzione.
In tal senso, si sono mossi negli ultimi decenni alcuni mercati centroeuropei, con agricoltori e cooperative svizzere, austriache e tedesche particolarmente specializzate nella produzione di miscugli di seme nativi. Tuttavia, il processo non ha visto lo stesso successo per il Trentino e per l’Italia in genere, laddove la necessità di scelta e raccolta diretta dai prati semi-naturali esistenti risulta ancora una delle poche strade percorribili. Tale metodo di reperimento del seme, inoltre, risulta spesso l’unico efficace per ambienti ad elevata diversità di specie e vegetazioni [4].
Tale raccolta può, dunque, avvenire direttamente sulla pianta in piedi o sulla banca del seme. In entrambi i casi risultano fattori di primaria importanza a valutarsi: la qualità e quantità dei fusti o dei semi nel suolo, la morfologia e fenologia delle piante, la disponibilità, distribuzione nel suolo e produzione in pianta del seme.
Procedimenti simili sono in ogni caso seguiti anche per la raccolta manuale del seme al fine di propagazione con tecniche agricole. Sussistono, in ogni caso, alcune differenze tra la raccolta e distribuzione diretta del materiale sul sito recettore e un passaggio con produzione agricola. I tempi per la produzione agricola allungano il processo anche di alcuni anni, essendovi la necessità di propagazione del seme attraverso diverse generazioni. Il prezzo del processo risulta comunque inferiore tramite propagazione agricola e ad oggi risulta il metodo più economico a fine di restauro ecologico di praterie ricche di specie su ampia scala. Una combinazione dei due metodi può risultare spesso utile, in quanto non tutte le specie possono essere propagate agevolmente mediante tecniche agricole e non tutte le specie desiderate possono essere agevolmente trovate e raccolte in campo.
La fase di distribuzione del seme presso il sito recettore chiude il processo di restauro. Anche in questo caso tecniche agricole tradizionali quali la semina meccanica o manuale fungono da promotrici del processo.
Una previa ricognizione circa la geografia del sito, il suo clima, il suolo e gli obiettivi di restauro è comunque d’obbligo in sede di valutazione del processo. Inoltre, la preparazione del sito al fine di diminuire la competizione della vegetazione esistente nei confronti delle specie da introdurre, se necessario una riduzione della fertilità, una decompattazione del terreno e la creazione, laddove risulti possibile, di siti sicuri per le specie da introdursi sono tutte azioni necessarie al fine di garantire il successo del restauro.
Tabella 1: un riassunto delle quattro fasi di ristauro ecologico di un prato di montagna.
Si consideri, infine, come per la Provincia Autonoma di Trento tali opere di restauro siano inserite nel prezziario pubblico alle voci L.07.10.0050 — SEMINA e L.07.10.0052 — INERBIMENTO CON FIENO O ERBA VER- DE LOCALE [5]. Con riferimento all’anno 2021, i prezzi per le opere effettuate con seme di specie erbacee native da propagazione agricola o raccolto direttamente sui prati esistenti risultano del tutto comparabili se non inferiori a quanto effettuabile con miscugli di varietà geneticamente selezionate.
Per gli anni a venire, oltre ad una sempre crescente attenzione da parte di tutti i portatori di interesse nei confronti di una tutela e di un ripristino ambientale volti alla salvaguardia del territorio e del patrimonio prativo, si auspica una completa collaborazione di mercato al fine di dare avvio anche per il nostro territorio ad un commercio degli ecotipi nativi fiorente e di facile accesso. I risvolti ambientali risulterebbero sicuramente positivi.
Riferimenti bibliografici:
[1] Scotton, M. & Cossalter, S. (2014). PRATERIE SEMINATURALI RICCHE DI SPECIE NELLA PIANURA VENETA. Distribuzione e valorizzazione negli interventi di inerbimento e restauro ecologico. Veneto Agricoltura.
[2] Scotton, M., Pecile, A. & Franchi, R. (2012). I tipi di prato permanente in Trentino: tipologia agroecologica della praticoltura con finalità zootecniche, paesaggistiche e ambientali. Fondazione Edmund Mach.
[3] Zenatti, S., Gottardo, L. & Scotton, M. (2016). Restauro ecologico di praterie seminaturali tramite distribuzione di erba verde: l’esempio di Canal San Bovo (TN). Dendronatura, 37 (1), 49–58.
[4] Scotton, M. (2009). Semi-natural grassland as a source of biodiversity improvement–SALVERE. Proceedings of the International Workshop of the SALVERE. Raumberg–Gumpenstein: Agricultural Research and Education Centre.
[5] Provincia Autonoma di Trento (2021). ELENCO PREZZI 2021 [Online; in data 15-febbraio-2022].
Immagine copertina e anteprima: prato di montagna sul Monte Pasubio - località Giazzera (TN). Autore, 05 luglio 2020.