Riccardo Codevilla
20 gennaio 2023
Gli Eco-Villaggi 2.0 sono un concetto del tutto innovativo e molto diverso dalla loro prima versione. Di fatto, prendono in prestito solo il nome degli ormai famosi Eco-Villaggi degli anni 70, la cui ricetta prendeva vita da una scintilla di consapevolezza collettiva, una certezza chiara e incorruttibile: vivere nella Società consumistica, capitalista dei mercati non è la soluzione per il futuro. Anzi, ci priva del nostro futuro. Pertanto, è necessario costruire, letteralmente, una realtà alternativa: uscire dalle logiche della società moderna non solo con un nuovo modo di pensare e di porsi nei confronti dell’esistenza, ma anche proprio allontanandosi fisicamente dai grandi centri urbani, per fondarne altri.
I primi Eco-Villaggi erano veri e propri insediamenti abitativi, progetti realizzati in ogni parte del mondo, ognuno secondo le sue specificità, ma con un denominatore comune: l’unione armonica tra Umanità e Ambiente. Si passava dai modelli forse più radicali, ovvero un “semplice” ritorno al passato, come quello italiano (dove si andava a vivere in antichi borghi molto isolati o strutture prive di… qualsiasi agio tecnologico), ai più innovativi, come il Fryers Forest Ecovillage, in Australia [1].
La rivoluzione non era infatti solo ideologica, culturale e comunitaria, ma anche agricola, architettonica ed ecologica. Nascevano nuove tecniche più sostenibili di coltivazione e anche il modo di costruire le abitazioni dava vita a case autosufficienti, ecosostenibili e a impatto zero. Era il famoso movimento della Permacultura, nato in quegli anni grazie a Bill Mollison e David Holmgred, co-creatore, del Villaggio australiano sopracitato, tra i tanti [2].
L’impressione era quella di creare dei nuovi giardini dell’Eden. Era davvero così? Forse, ma con una notevole differenza: non si trattava di una mitica e immaginaria età dell’oro, ma di centri abitativi reali. Una “seconda via” all’urbanizzazione moderna, per produrre uno stile di vita sostenibile, autosufficiente, prospero.
Questi progetti hanno avuto così tanto successo da esistere ancora oggi.
Fig. 1: L’Eco-Villaggio “Sieben Linden”. Foto di Michael Würfel - Lavoro proprio, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33591387
Gli Eco-Villaggi della prima era anzi si moltiplicano, migliorano e hanno persino creato diverse reti mondiali strutturate [3]. I Lockdown cittadini degli ultimi anni sembrano aver ridato loro nuova linfa, un nuovo senso anche tra le più giovani generazioni.
However, vivere assieme nel rispetto della società e dell’ambiente, in una civiltà ideale, a volte senza tecnologia, può davvero bastare? Forse non più. O almeno, non per tutti. Non per certi interessi economici, sicuramente.
Negli ultimi anni, silenziosamente, un’innovativa tipologia di insediamento umano si sta infatti affacciando all’orizzonte. Degli Eco-Villaggi, a ben vedere, prende solo il nome e il nucleo concettuale di un’unione armoniosa, cooperativa e sostenibile tra uomo e natura, aggiungendoci però un terzo incomodo fondamentale alla nuova visione: la tecnologia. In particolare, quella digitale e del più alto livello, avanzatissima. Questo elemento soltanto stravolge il quadro d’insieme, ma le differenze sono tanto più lampanti quanto più analizziamo a fondo le caratteristiche dei cosiddetti "Eco-Villaggi 2.0.“
Prima di tutto, non nascono come movimento di presa di coscienza collettiva, “dal basso”, come i loro predecessori, dalla grande eco internazionale. Al contrario, sono espressione di una volontà di certi particolari interessi economici, “dall’alto” che si appoggiano alla collaborazione del mondo accademico e dei professionisti nel campo dell’informatica e dell’ingegneria, inserendosi nel famoso processo della Trasformazione digitale, ovvero delle digitalizzazione dell’esistenza.
A questo punto, ci si domanderà come sia stato possibile un tale cambio di paradigma e come sia concepibile unire un’iper-tecnologizzazione della vita con l’armonia naturale.
Molto semplice: queste nuove città (sono meno vicine all’essenza dei “Villaggi”) si propongono di utilizzare l’Intelligenza artificiale (“IA”) per coordinare coltivazioni, allevamenti, riciclo dei rifiuti e tutte le operazioni urbane complesse, attraverso una perfetta economia circolare e un nuovo tipo di permacultura, chiamata permacultura senziente [4].
L’ispirazione geniale che il Dottor James Ehlrich ha illustrato chiaramente a un gruppo di interessati e di investitori è la natura, ovvero la scoperta dell’ Internet delle Piante, denominato Wood Wide Web [5]. Come egli ci spiega, gli alberi sono in grado di comunicare tra loro da una parte all’altra di tutto il bosco, di cui fanno parte, addirittura inviando sostanze nutritive o aiuti a quelle che hanno bisogno grazie a una rete fungina micellanea, che le connette con miriadi di terminazioni.
L’idea è quella di riprodurre questo meccanismo non solo a livello locale, ma anche tra Eco-Villaggi stanziati in diverse parti del mondo, grazie a internet e all’Intelligenza artificiale. Il fine è quello di creare comunità umane non solo più umanamente coese, con coltivazioni e risorse a kilometro zero, prospere e autosufficienti (come nella versione 1.0), ma tecnologicamente complesse, decentralizzate da uno stato padrone centrale e tra loro interconnesse.
Una comunità generativa e ri-generativa, motivo per il quale, essi vengono anche definiti, forse più propriamente, Villaggi Rigenerativi (“Re-Gen Villages”). Non solo si sostengono, ma si auto-rigenerano grazie ai calcoli dell’IA.
Se non si può che apprezzare e, forse, ammirare un simile lavoro d’ingegno, non può essere nascosta tuttavia la grande enfasi data alla tecnologia, sempre con il solito passe-partout di dispensare l’umanità da tutte quelle gravose e faticose attività che la opprimono. La libertà dalle incombenze della natura per realizzare sé stessi (nel mondo digitale).
Il rapporto coltura-cultura, insito nella parola chiave Permacultura, viene abbandonato in favore dell’efficienza. L’ “interdipendenza”, l’unione simbiotica con la natura è filtrata dalla tecnologia, cui si affida il controllo di ogni cosa, per una nuova “indipendenza”.
Nonostante le grandi meraviglie che i Villaggi Rigenerativi ci promettono, questo sogno fatica però a realizzarsi: infatti non esistono ancora da nessuna parte nel concreto.
I primi Eco-Villaggi si erano diffusi con grande entusiasmo in tutto il mondo, anche perché replicabili da chiunque fosse armato di buona volontà (a seconda delle proprie disponibilità certamente). Questa nuova versione invece non può subire il medesimo destino, a causa degli evidenti elevati costi in termini di fondi e risorse. Insomma: non sono “alla portata di tutti”.
Non a caso troviamo l’applicazione di questa potente tecnologia in Cina, in Corea e nelle ricche Singapore e Dubai, spesso citate come esempio virtuoso del concetto [6] [7].
Fig. 2Alberooto aerea del parco urbano “Gardens by the Bay” di Singapore. Sarà un’anticipazione e un esempio dei prossimi Eco-Villaggi 2.0? Foto free-source di Sergio Sala scaricata da Unsplash.
A tal proposito, si tralascia purtroppo un piccolo particolare: al momento attuale, l’apparato tecnologico ideato viene usato solo per controllare e facilitare i processi urbani di grandi metropoli. Non è uno sviluppo alternativo di società umana, ma l’evoluzione del modello capitalista, con punte di socialismo egualitario (argomento che avremo modo di approfondire in un successivo articolo).
Dei veri e propri “Villaggi 2.0” si vede qualche timido abbozzo in Olanda e il primo in assoluto avrebbe finalmente visto la luce nei paesi scandinavi nel 2020. Purtroppo, il Covid ha stroncato una trattativa di anni, che finalmente stava per prendere vita.
È bene sottolineare, in conclusione alla lettura, che queste osservazioni non intendono screditare i Villaggi Rigenerativi. Al contrario, l’automazione e l’indipendenza, da loro promosse, possono essere la chiave per connettere piccole comunità autosufficienti di tutto il mondo, come se fossero dietro casa. Potrebbero essere il trampolino di lancio per concedere davvero all’umanità più tempo per vivere in comunione con la natura, sviluppare l’arte, la socialità e nuove tecnologie per migliorare il benessere nostro e del pianeta.
Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo è necessario impegnarsi. Altrimenti, sembra più spontaneo, per i governanti, integrare la straordinaria struttura tecnologica ideata per aumentare l’efficienza cittadina e consentire un controllo sociale di stampo cinese. Fondere Eco-Villaggi 1.0 e 2.0, in modo etico, potrebbe essere un primo passo in tale direzione.
Ad maiora!
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Bibliografia:
[1] Homgren Design. (2021, 21 June). Fryers Forest Eco Village | Holmgren Permaculture Design. Holmgren Design. https://holmgren.com.au/fryers-forest/
[2] Permaculture. (2022). In Wikipedia. https://en.wikipedia.org/w/index.php?title=Permaculture&oldid=1129922923
[3] Pais, N. (2015, 21 March). GEN History. Global Ecovillage Network. https://ecovillage.org/gen-history/
[4] RegenVillages. (n.d.). RegenVillages. https://www.regenvillages.com/
[5] Singularity University (Director). (2019, 8 July). James Ehrlich—Building Self Sustaining Ecosystems—SingularityU Nordic Summit 2019. https://www.youtube.com/watch?v=X2SpWQczAos
[6] Pace, F. (2021, 1 April). Singapore, 7 esperienze da vivere (in sicurezza) nella Città del Leone. Dove Viaggi. https://viaggi.corriere.it/itinerari-e-luoghi/cards/singapore-7-esperienze-da-vivere/
[7] Leigh-Hewitson, N. (2022, 9 September). Architects in Dubai dream up a massive space-age ring to encircle the world’s tallest building. CNN. https://www.cnn.com/style/article/dubai-downtown-circle-znera-space-design-spc-intl/index.html
Immagine copertina e anteprima: Il Super Albero di Singapore e il verde paesaggio circostante. Foto free-source di Annie Spratt scaricata da Unsplash.