14 aprile 2023
“Rari esempi di maestosità e longevità”
“l’albero […] rilevante dal punto di vista storico, culturale […] o delle tradizioni locali”
"di particolare pregio naturalistico" [1].
Questo sopra riportato, in effetti, è semplicemente un estratto della Legge (n.d.r. italiana) 14 gennaio 2013, n. 10 – Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, la quale proprio all’art. 7 elenca le disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali.
Come spesso accade per la legislazione italiana, anche in materia di alberi monumentali, la stessa si fa a volte complessa. E certo è che definire, identificare e, di conseguenza, tutelare un albero monumentale non è sempre affar semplice.
Perché, poi, lo si definisce “Albero Monumentale”? La risposta più diretta potrebbe ben essere: “perché è grande”, o “perché è tanto vecchio”. Eppure, è proprio quel “Monumentale” a dare il senso a tutta la storia. Un monumento in quanto tale, infatti, può ben essere grande e vecchio, ma potrebbe anche rappresentare un simbolo di storicità, di memoria collettiva, di tradizione per un popolo, un paese o addirittura una nazione intera. . E tutto questo è veramente ben definito nella legislazione nazionale, che non a caso fa rientrare gli Alberi Monumentali in una Legge riguardante primariamente gli spazi verdi urbani.
Tanti degli Alberi Monumentali d’Italia sono, dunque, veramente tanto vecchi, ma non tutti. E la loro vetustà da sola non basta per la definizione di monumentalità. Sono parametri di valutazione anche l’importanza biologica dell’esemplare: se, quindi, l’albero è una specie rara o minacciata; l’importanza ecologica, nel contesto dove esso radica. Lo stesso può ben essere anche di una specie non autoctona, qualora esso rappresenti una rarità, un esempio di bellezza (o stranezza) per il contesto dove si trova.
Perché, infatti, l’importanza profonda di un Albero Monumentale è data propria dalla sua visibilità, dalla sua rilevanza urbana, o, quantomeno, di paesaggio, intendendo con quest’ultimo “[…] una parte di territorio, così come percepita dalle popolazioni, […] derivante dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” [2]. Non a caso, infatti, la maggior parte degli Alberi Monumentali si ritrovano in parchi e giardini storici, in ville, centri città, viali alberati e poche volte in pieno bosco (d’altra parte, chi mai li vedrebbe qui?).
Fig. 1: i caratteri di monumentalità non sono solo e obbligatoriamente legati all’età o alla grandezza dell’esemplare. Anche “forma e portamento”, ossia stranezza o bellezza dell’individuo, concorrono a tale determinazione. Grande Faggio – Albero non Monumentale a Cison di Valmarino (Treviso, Italia). Foto scattata dall’autore (10 aprile 2022).
Ma dunque, il grande cedro che si trova in piazza del Comune, è monumentale?
Se mai dovesse capitarvi qualcuno a porvi questa stessa domanda, ben state sicuri al rispondere: “Dipende!”. Dipende, perché quel cedro può essere alto, grosso e vecchio quanto volete, ma se nessuno mai l’ha dichiarato come Monumentale, tale non è.
Eh sì, è sempre la legislazione a comandare su tutto. E la definizione di “Albero Monumentale” è solo e solamente tale legislativamente. Insomma, una cosa da tecnici, da uffici comunali, da forestali e da amministrazioni regioni.
Questo, però, non toglie che chiunque di noi possa perlomeno informarsi sul fatto e, semmai, segnalare l’albero da tutelare presso il Comune dove l’esemplare radica. Spetterà poi allo stesso Comune provvedere al censimento dello stesso e, in coordinamento con le Regioni, redigere gli elenchi regionali.
Ad oggi (ultimo aggiornamento di luglio 2022), l’elenco nazionale degli Alberi Monumentali d’Itala conta più di 4.000 esemplari presenti in tutte le Regioni e nelle Provincie Autonome [3]. Per il solo Veneto, gli Alberi Monumentali risultano ad oggi 244; per la Provincia Autonoma di Trento, 85; per la Provincia Autonoma di Bolzano, 40.
Cosa ci dicono le specie di alberi monumentali sulla storia delle nostre comunità?
Da una rapida analisi degli esemplari presenti negli elenchi, è facile comprendere l’importanza antropologico-culturale che gli stessi hanno rivestito lungo il corso dei secoli nei rispettivi territori.
Per il Veneto, le specie più rappresentate quali Alberi Monumentali risultano il faggio (Fagus sylvatica), il cedro dell’Himalaya (Cedrus deodara) e il platano comune (Platanus acerifolia), alberi attorno a cui è girata per secoli l’economia, la cultura e l’urbanizzazione veneta.
Basti pensare all’importanza del legno di faggio per l’economia montana della zona prealpina, dove ancora oggi la sua selvicoltura – anche con forme di governo antiche quale il “ceduo a sterzo" – risulta attività principe per il mercato del legname da ardere locale. E non a caso, troviamo i più belli esempi di faggi monumentali proprio sull’Altopiano dei Sette Comuni in provincia di Vicenza, in Lessinia veronese, nella zona del Grappa e nella valle dell’Agno.
Al contrario, nelle zone urbane la fa da padrone il cedro, con località di spicco quale Parco Querini a Vicenza, la Villa di Alessandro Rossi a Piovene Rocchette, Villa Bolasco a Castelfranco Veneto e via Monte Grappa a Belluno. In effetti, il gusto del bello associato alla tradizionale Villa Veneta si accompagna spesso proprio al cedro, specie prettamente ornamentale, importata a scopo di abbellimento di parchi, ville e giardini sin dai primi decenni del XIX secolo.
Infine, il platano: albero rustico, coriaceo, imponente, resistente all’inquinamento e… agli incidenti! Difficile da scalfire, duro a morire e, dunque, candidato perfetto come guardrail per le strade della regione e, ancor prima, come pianta di confine da porsi lungo i fossi delle proprietà agrarie.
Per il Anche il Trentino, la questione è ancor più semplice, con faggio – per le stesse motivazioni storiche di cui in Veneto – e larice (Larix decidua) a farla da padroni. Larice e abete rosso, i due grandi protagonisti delle foreste trentine. E se il secondo è di fatto una specie “usa e getta”, ad uso e consumo da secoli della selvicoltura alpina, per il larice il montanaro ha sempre avuto un occhio di riguardo quasi sparagnando sul suo taglio. E poi il larice cresce dove nessun altro si avvicina. Il caso più famoso? La scalinata dei larici monumentali in Val di Rabbi, dove gli esemplari (più di venti e tutti giganteschi) svettano direttamente sopra ad un macereto.
E Bolzano? ? No, niente abeti o pini, ma una folta presenza di castagni monumentalie quasi tutti in contesto non urbano. La motivazione? “Forma e portamento” ancora una volta. Vale a dire che gli esemplari sono grossi, spesso tanto grossi e con forme alquanto strane e contorte, ovvero la tipicità della specie se abbandonata a sé stessa senza la mano del coltivatore.
Gli alberi monumentali sono veramente i testimoni del nostro passato, e nella loro presenza silenziosa si fanno ugualmente portavoce di un’intera cultura rurale, urbana e delle tradizioni locali. Come per i nostri grandi anziani spetta a noi riconoscerli, proteggerli e perché no… voler loro anche un po’ di bene!
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Bibliografia:
[1] Legge 14 gennaio 2013, n.10. (2013). Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani. https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/ normativa/legge_14_01_2013_10.pdf
[2] Council of Europe. (2000). Council of Europe Landscape Convention (ETS No. 176). https://www.coe.int/en/web/conventions/full- list? module=treaty-detail&treatynum=176
[3] Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. (2022). Elenco degli alberi monumentali d’Italia ai sensi della Legge n. 10/2013 e del Decreto 23 ottobre 2014. https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11260
Immagine copertina e anteprima: Cedro Monumentale a Recoaro Terme. Targhetta per classificazione e riconoscimento. (Foto: Autore. Recoaro Terme (Vicenza, Italia) 11 agosto 2022)