
16 settembre 2022

Le piante viaggiano. E già di per sé – a prima vista – può apparire questo come un fatto strabiliante, quasi impossibile. Le piante non si muovono, non hanno gambe, non camminano eppure viaggiano. Viaggiano per milioni di chilometri e attraversano i continenti. Lo sanno bene giardinieri e vivaisti, che quotidianamente utilizzano, importano ed esportano piante. Le fanno viaggiare. Ma la sanno bene anche i botanici che studiano proprio le “invasioni” delle specie vegetali “estere”.
Tuttavia, così per gli uomini e gli animali, anche per le piante gli spostamenti risultano difficili sulle montagne. I rilievi montuosi sono alti, privi di un sostrato adatto, privi di nutrienti e spesso costantemente ricoperti di ghiaccio e neve. Eppure, anche qui le piante riescono nella sfida, rivelandosi tra gli esseri viventi più resilienti al mondo, in grado di adattarsi ad ogni situazione. E gli esempi sono molteplici.
Il ricercatore giapponese Shoji Naoe propone, a tal riguardo, un’interessante analisi, la quale mette in relazione orsi, alberi di ciliegio, semi e… feci [1].
Immaginate un orso tibetano intento nell’accaparrarsi un gran scorta di ciliege in vista dell’inverno. Se ne ciba, cammina verso valle per sfuggire dal freddo incombente e trovare una tana per il letargo, le digerisce e… ne espelle i resti. E lo stesso processo si ripete, in direzione di gradiente altitudinale contrario (ossia verso la vetta delle montagne), ad ogni primavera.
Il risultato di questo naturale processo fisiologico si riscontra proprio negli alberi di ciliegio. È la cosiddetta “dispersione verticale dei semi”, in questo caso guidata da un essere animale (“zoocoria”).
Il fatto interessante, in contesto di cambiamenti climatici, riguarda il ruolo di “salvatore” attribuibile ai movimenti fisiologici dell’orso nei confronti del ciliegio. È riscontrato, infatti, dal ricercatore, come l’aumento delle temperature stia effettivamente minando le capacità di sopravvivenza e, ancor più, di riproduzione delle piante di ciliegio analizzate. Vale a dire che all’altitudine ove sin ora le piante hanno sempre vegetato, esse non vedono più un habitat ideale, trovandosi a soffrire per le elevate temperature. Il movimento stimato in media di 193 m in gradiente altitudinale attuato per opera degli spostamenti primaverili-estivi dell’orso assicura una dispersione rapida ed efficace verso l’alto , risultando in un’ancora di salvezza per la pianta.
Non solo in Giappone, bensì anche sulle nostre Alpi questa migrazione altitudinale si sta realizzando. E la vicenda non è così banale. È di recente pubblicazione, infatti, un interessante articolo a riguardo dei cambiamenti in atto alle popolazioni vegetali di orchidee lungo i rilievi alpini del Trentino (Italia) [2].
In questo caso la situazione risulta più complessa di quanto visto per opera dell’orso in Giappone, in quanto non si riscontra nessuna forma di dispersione ad opera di animali, relativamente semplice da riscontrare mediante lo studio dei resti fecali. Inoltre, lo studio si basa sulla dispersione delle sole specie di Orchidacee, piante dal seme piccolissimo per la cui riproduzione e germinazione risulta necessaria la presenza (per effetto di simbiosi) di altre specie fungine, tipiche e caratteristiche del sostrato ove le piante crescono.
La ricerca si è basata, in questo caso, sul confronto tra i dati storici di record di presenza di orchidee nel territorio trentino (quasi 50.000 record raccolti in più di trent’anni di attività dai ricercatori del Museo Civico di Rovereto) e altri notevoli dati di resurvey (ossia di rivalutazione dei dati storici in campo) al fine di comprendere l’evoluzione delle popolazioni analizzate.

Fig. 1: Pianella della Madonna (Cypripedium calceolus L.) La maggior parte delle specie di orchidee analizzate mostra una diminuzione di popolazione rispetto alle presenze storiche. (Autore. Segheria Latemar – Nova Levante (Bolzano, Italia). Giugno 2022)
Ne emerge un quadro per molti aspetti poco lineare, con movimenti altitudinali idiosincratici e non correlati solamente ai cambiamenti climatici. . Il punto fermo resta il tentativo, per la maggior parte delle specie di muoversi verso l’alto, nell’intento di sfuggire all’innalzamento delle temperaturegià ampiamente in atto, in particolare nelle zone montane. Il problema emerge, tuttavia, nella registrazione del fatto che solo poche delle specie analizzate – quelle più resilienti e flessibili – riescano in questo tentativo di movimento verso l’alto. Causa ne è l’innalzamento di temperatura troppo rapido rispetto ai tempi di adattamento delle specie analizzate.
Ne risulta, nel complesso, una diminuzione consistente nelle popolazioni di orchidee presenti al giorno d’oggi rispetto ai dati storici.
Inoltre, sottolineano i ricercatori, la crisi climatica potrebbe non essere la causa principale del declino. Ne è evidenza il fatto che le uniche specie di orchidee per quali non si sia registrata una diminuzione nella popolazione presente rispetto ai dati storici riguardi quelle legate specificatamente agli ambienti umidi. Si noti, però, che la quasi totalità delle aree umide su territorio trentino siano sotto specifica tutela o ricomprese all’interno di aree protette. Il cambiamento di uso del suolo è perciò il vero responsabile del declino. Fermare il cambiamento dell’uso del suolo in atto da decenni su tutto il territorio alpino e non solo può essere la chiave di volta per garantire la sopravvivenza e il benessere delle orchidee e parecchie altre specie vegetali.
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Riferimenti bibliografici:
[1] Naoe, S., Tayasu, I., Sakai, Y., Masaki, T., Kobayashi, K., Nakajima, A., Sato, Y., Yamazaki, K., Kiyokawa, H., & Koike, S. (2019). Downhill seed dispersal by temperate mammals: a potential threat to plant escape from global warming. Scientific reports, 9 (1), 1–11.
[2] Geppert, C., Perazza, G., Wilson, R. J., Bertolli, A., Prosser, F., Melchiori, G., & Marini, L. (2020). Consistent population declines but idiosyncratic range shifts in Alpine orchids under global change. Nature communications, 11 (1), 1–11.
Immagine copertina e anteprima: Una bellissima orchidea violacea. Foto free-source di RÜŞTÜ BOZKUŞ scaricata da Pixabay.